Nasce un nuovo foglio clandestino di approfondimento polemista et iconoclasta. Per un'informazione del dissenso e della spiegazione
Eduardo Galeano[1] racconta che una sera, seduto al ristorante ad un tavolo accanto alla cucina, ascoltò un cuoco radunare tutti gli animali presenti per chiedere loro con quale salsa volessero essere cucinati. Ognuno di loro rispose con tranquillità finché, alzando l'ala, una gallina disse che lei non avrebbe scelto alcuna salsa, perché non voleva essere cucinata affatto. Senza scomporsi ma con fare aggressivo, il cuoco rispose che tutti gli animali sarebbero stati cucinati, l'unica libertà che veniva loro concessa era il diritto di scegliere con quale salsa essere cucinati. Per Galeano questa storia è la perfetta metafora di come funziona, davvero, quello strano arnese che chiamiamo Democrazia.
Guarda: Eduardo Galeano - La salsa de la democracia, Youtube
Come Torce nella notte contro la deriva "cosmetica" della Democrazia
Democrazia "cosmetica", potremmo chiamarla: una forma di autoritarismo non dichiarato, che lascia al popolo una libertà di scelta solo apparente e in cui la gestione della res publica passa nei parlamenti per mera formalità. Inchiostro Politico vuole essere un brogliaccio di storie, inquietudini e domande su questa democrazia deviata (che qualcuno chiama "democratura"[2]); una Torcia nella Notte[3] sulla grammatica del Potere che plasma gli equilibri economici, politici e sociali della società con la certezza di rimanere ben lontano dai riflettori della stampa e dalle indagini dei tribunali.
Inchiostro Politico è un progetto di (contro)informazione lenta e approfondita, indipendente ma non imparziale, che non segue l'agenda né il metodo delle all(and-fast)news: non mi interessa il solo "racconto" dei fatti ma l'analisi dei dettagli e del contesto che quei fatti generano, mi interessa provare a rimettere insieme i «pezzi disorganizzati e frammentari»[4] della realtà – nell'insegnamento di Pier Paolo Pasolini – intrecciando la cronaca di oggi con la Storia (e le storie) di ieri, nella consapevolezza che i fatti che diventano "notizia" non nascono quasi mai dal nulla ma sono frutto di un processo che matura nel tempo e, spesso, nell'indifferenza e nella sottovalutazione generale.
Inchiostro per Dittatoriati
Inchiostro Politico non ti propone aggiornamenti continui e di poche righe sull'ultimo post che l'algoritmo del tuo social network preferito ti ha appena mostrato, né trovi articoli-pastone[5] scritti accrocchiando dichiarazioni utili solo a riempire spazi. Inchiostro Politico segue un'agenda polemista e iconoclasta, che non si toglie il cappello davanti al Padrone, slegata dalle narrazioni ufficiali, dagli ordini dei governi e dai desiderata dei partiti politici.
Per questo non mi interessa fornirti "il punto di vista di Hitler", come lo chiama il giornalista messicano Ruben Luengas in un articolo del 2011. Non mi interessa perché non credo nella cosiddetta "obiettività del giornalismo": chi se ne fa promotore, spesso, sta provando a venderti un prodotto informativo alterato o addirittura tossico.
Ciò non piacerà ai cultori del giornalismo obiettivo per i quali il giudizio è mancanza di obiettività: ma la cosa mi turba pochissimo. Quel che essi chiamano obiettività non esiste. L'obiettività è ipocrisia, presunzione: poiché parte dal presupposto che chi fornisce una notizia o un ritratto abbia scoperto il vero del Vero. Una notizia, un ritratto non prescinde mai dalle idee, dai sentimenti, dai gusti di chi fornisce la notizia o il ritratto[6]
Non credere nell'obiettività giornalista è una posizione già seguita da giornalisti come Tiziano Terzani, Oriana Fallaci e Chris Hedges[7], non a caso tutti con una carriera da inviati di guerra. Quest'ultimo sottolinea come il concetto di obiettività giornalistica sia stato inventato dai proprietari dei giornali del 19° secolo per ottenere profitti più alti. Moneta di scambio era e ancora oggi è la sostituzione dell'informazione-watchdog con una informazione-voyeur, auto-disarmatasi contro il Potere, ad iniziare proprio da quello economico degli inserzionisti. Il sistema giornalistico italiano è, in questo, l'archetipo definitivo.
Quelli che detengono potere politico ed economico sono a perfetto agio con i giornalisti che proclamano la loro neutralità e obiettività
scrive Luengas, denunciando come «il giornalismo che non ci mette a disagio non è giornalismo» e rischia, anzi, di "ammosciare" «una società che ha urgente bisogno di svegliarsi».
Perseguire l'obiettività giornalistica come finzione commerciale, per dirla con Terzani, significa avere qualcuno che «controlla la mano quando scrivo»[8], che siano i partiti attraverso governi, parlamenti e finanziamenti di Stato o le aziende che acquistano spazi pubblicitari sui media chiedendo la censura di inchieste, approfondimenti e argomentii sgraditi. Il "caso" Eni-Liberazione-Sabina Morandi è, ancora oggi, paradigmatico di questa condizione, che negli anni è addirittura peggiorata.
Questione di sguardi
Accettare questa "obiettività" giornalistica rileva l'idea, infondata anche dal punto di vista logico, che chi produce informazione osservi da un punto di vista esterno e super-partes la società che racconta, nella quale è invece immerso per valori, ideologia, opportunità e vissuto personale. Senza dimenticare che l'obiettivo di una telecamera e l'occhio umano hanno una caratteristica comune: vedono solo la realtà che sta all'interno del loro campo visivo, come spiega Terzani. Ad essere restituita, dunque, non può che essere una fetta della realtà, mediata – appunto – dallo sguardo di chi la racconta.
Guarda: Tiziano Terzani e il giornalismo, YouTube
Inchiostro civico contro la società dei Muri
«L'engagement dei lettori è una questione civica» evidenzia Ethan Zuckerman[9]: una condizione che il giornalismo dell'obiettività dimentica – con dolo – per farsi portavoce di un Potere sempre più impaurito e impreparato ai cambiamenti sociali, politici ed economici che arrivano dalle fasce più basse della popolazione. È la parte mediatica di quel principio di autoconservazione del Potere che si tutela da queste istanze popolari costruendo repressione, oppressione e muovendo guerra – di classe[10] – innalzando Muri contro nemici esterni, per lo più immaginari ma utili per rinchiudere nella paura intere comunità, cui tecniche sempre più precise di (cyber)sorveglianza erodono diritti, libertà e democrazia.L'annullamento della sentenza "Roe v. Wade" da parte della Corte suprema degli Stati Uniti (24 giugno 2023), la guerra (in)civile contro i poveri e non contro le cause della povertà, le politiche di gentrificazione urbana, che espelle dalle città migranti e cittadini delle classi più basse – "los de abajo", per usare la definizione del giornalista uruguaiano Raúl Zibechi – denunciano perfettamente un conflitto globale portato dalla società del Capitale, della repressione e della sorveglianza che incontra nei latifondi mediatici[11] e nei partiti da doppia cifra un silenzio assordante.
Semplificare per (non)informare
Un silenzio informativo che, per dirla con Lydia Cacho Ribeiro, permette al giornalismo di abdicare al suo ruolo di «lanterna del mondo, come diritto di sapere e capire»[12] e veicolare a chi legge, guarda o ascolta un progetto politico-narrativo volto ad emozionare più che informare, che volutamente riduce la complessità dei fatti del mondo allo scontro hollywoodiano tra il "buon cowboy" – il Potere economico e politico che guida l'area atlantica – e il "cattivo indiano", definizione-ombrello in cui rientra un resto del mondo non occidentale a composizione in parte variabile. Una semplificazione in cui il cowboy vince sempre, come nella peggior tradizione dei blockbuster hollywoodiani.
È questa necessità, semplificare per (non)informare, che permette il giornalismo di pessima qualità nei risultati e nei modi e di cui spesso ci lamentiamo – pur continuando a non impegnarci, come lettori o spettatori, per cambiarlo – fatto di finta obiettività, idolatria della velocità e, negli ultimi tempi, di giornalisti dediti al bullismo molto più che a seguire l'etica e le regole della professione.
Fondamentalmente noi dobbiamo ricordarci che l'informazione è un veicolo diretto all'utente, non un soliloquio da parte del giornalista. Bisogna tenere sempre presente che chi è dall'altra parte deve poter comprendere una realtà in cui non è presente. Questo, penso, è il massimo sforzo che i giornalisti devono compiere
diceva Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale ucciso a Tbilisi, in Georgia, il 16 ottobre 2000, mentre cerca le prove dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dalla Russia di Vladimir Putin in quegli anni in Cecenia.
Del dissenso, della lentezza e della spiegazione
Fare informazione con l'obiettivo di spiegare la realtà deve puntare in prima istanza a ricostruire l'utilità civica e la funzione sociale delle notizie, riabilitando non solo la credibilità della professione giornalistica ma anche del suo ruolo politico – imbavagliato per assicurare ai latifondi mediatici il proprio posto al tavolo della classe dirigente – tornando ad un progetto di servizio e cura per la democrazia tramite il controllo "extralegale" su governi, Parlamenti e sui gruppi di pressione[13] che tali istituzioni rappresentano e difendono.
Intelligere il mondo ed i suoi fatti – scopo principe del giornalismo, qualunque sia l'aggettivo che vogliamo aggiungere – può essere fatto solo attraverso una informazione rallentata e approfondita, esplicativa e costruttiva, capace di restituire centralità al tempo dell'informazione, inteso come investimento necessario sia nella produzione quanto nel suo consumo critico, e a comunità ben informate, senza le quali nessuna democratura può trasformarsi in Democrazia compiuta e realmente efficace.
Un giornalismo del dissenso e della spiegazione, potremmo chiamarlo, che torni a cercare e ricostruire, a porre domande – non concordandole prima con il Potere di turno – e ad esercitare la nobile e decaduta arte del dubbio rispetto alle narrazioni ufficiali, che riprenda ad osservare con curiosità ad altri punti di vista da sempre ignorati dai latifondi mediatici, come la voce politica del Sud Globale. Un modo di produrre informazione dissidente nei modi e negli obiettivi, che anche per questo si arroghi il compito di democratizzare, decolonizzare e de-monopolizzare un sistema mediatico che non rappresenta alcuna visione del mondo diversa da quella della borghesia finanziaria che muove gli interessi del mondo atlantico.
Vincere (e propagandare) nella guerra per l’attenzione
Le narrazioni della guerra in Ucraina e del "nuovo" conflitto tra Israele e Palestina – che per favorire gli interessi di Gerusalemme volutamente dimentica 75 anni di "spaziocidio"[14] – sono l’ultimo capitolo in ordine di tempo dell'uso propagandistico dei latifondi mediatici atlantici per la costruzione del mondo secondo gli interessi dell’alta borghesia finanziaria "patria": una storia di cui, dall’incidente del Tonchino che giustifica l’ingresso statunitense nella guerra in Vietnam alla finta "antrace irachena" presentata all’assemblea Onu da Colin Powell, si potrebbe quasi compilare una ampia e approfondita enciclopedia.
Per approfondire:
Non chiamatela post-verità – Alessandro Baricco, Robinson/Medium, 1 maggio 2017]
Negli ultimi 20 anni, all'élite politico-economica che usa l'editoria come strumento di lotta bellica e classista, si è aggiunto un alleato tanto potente quanto, ad oggi, sottovalutato: l'élite dei Padroni di internet e soprattutto dei social network [ne parleremo in modo più approfondito nel 3° capitolo di questa serie, ndr]. Il terreno di scontro di questa lotta non è quella «guerra di classe» di cui si fregia Buffett, ma un conflitto silenzioso, più profondo e invisibile: la guerra per il monopolio dell'attenzione umana.
Sul margine esterno di questo conflitto – che studiosi come Jaron Lanier[15] definiscono più come "mercato dell'attenzione" – in un processo naturale degli equilibri del Potere, anche il regime più totalitario si scontra con una forma più o meno organizzata di opposizione, veri e propri ingranaggi del dissenso in cui nasce quella Democrazia insurgente fatta di esperienze di auto-organizzazione editoriale (dai giornali clandestini ai siti "anti-regime") e "comunità politiche antagoniste". Una Democrazia conscia del fatto che, per dirla con le parole di Audre Lorde[16].
gli strumenti del padrone non demoliranno mai la casa del padrone
Viaggio etnografico al centro del Dissenso
Inchiostro Politico vuole essere anche un diario di viaggio, una ricerca etnografica su Resistenze, Memorie e modelli antagonisti che occupano questi marginali spazi di insurgenza democratica e che, ogni giorno, lavorano a demolire una società basata sulla «dominazione dell'uomo sull’uomo»[17], sulla colonizzazione del pensiero e la repressione del dissenso. Focolai di rivolta, armati di aeroplanini di carta[18] e peluche – sviluppati per creare quella società già immaginata nel 1968 da Mauro Rostagno[19], in cui, per tutti, «valga la pena trovare un posto».
Bonus track da un Himalaya fiorentino
Ho fatto questo mio mestiere proprio come una missione religiosa, se vuoi non cedendo a trappole facili. La più facile, te ne volevo parlare da tempo, è il Potere. Perché il Potere corrompe, il Potere ti fagocita, il Potere ti tira dentro di sé! Capisci? Se ti metti accanto a un candidato alla presidenza in una campagna elettorale, se vai a cena con lui diventi un suo scagnozzo, no? Un suo operatore. Non mi è mai piaciuto. Il mio istinto è sempre stato di starne lontano, mentre oggi vedo tanti giovani che godono, che fioriscono all'idea di essere vicini al Potere, di dare del "tu" al Potere, di andarci a letto con il Potere, di andarci a cena con il Potere, per trarne lustro, gloria, informazioni magari. Io questo non l'ho mai fatto. Lo puoi chiamare una forma di moralità. Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al Potere gli stavo di faccia, lo guardavo e lo mandavo a fanculo. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo, controllavo che cosa non andava, facevo le domande[20]
Note:
- Eduardo Galeano (1940-2015), scrittore e giornalista uruguaiano, pilastro della letteratura e del pensiero politico della izquierda latinoamericana, considerato uno dei principali "cattivi maestri" del movimento altermondialista
- "Regime politico improntato alle regole formali della democrazia ma ispirato nei comportamenti ad un autoritarismo sostanziale" (definizione Treccani). Secondo le ricostruzioni più diffuse, ad inventare la crasi è Eduardo Galeano per il suo libro "Le vene aperte dell'America Latina" ("Las venas abiertas de America Latina" nella versione originale in spagnolo, edita nel 1971 da Casa de las Américas; la versione italiana è invece edita da Sur nel 2021). Una prima traduzione italiana dell'opera, dal titolo "Il saccheggio dell’America Latina. Ieri e oggi" è pubblicata da Einaudi nel 1976
- Il riferimento è all'omonimo libro scritto nel 1932 da Virgilia D'Andrea (1888-1933), poeta, maestra elementare, giornalista e pensatrice anarchica. Il libro viene ripubblicato, nel 2003, da Giuseppe Galzerano editore ed è ampiamente ripreso in un altro libro di D'Andrea dal titolo "Non sono vinta: Raccolta di scritti tra anarchia e antifascismo", Roma, Rina edizioni, 2020
- Pier Paolo Pasolini, "Cos'è questo golpe? Io so", articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 14 novembre 1974
- Nel gergo giornalistico, il "pastone" è un articolo – o un servizio del telegiornale – che viene composto mettendo insieme nient'altro che una serie di dichiarazioni su uno specifico argomento. È tipico del giornalismo politico ed è un elemento fondamentale della Rai (neo)democristiana, che si limita a mettere in fila le dichiarazioni giornaliere di ministri e politici dell'opposizione senza che ciò abbia utilità alcuna per gli spettatori
- Oriana Fallaci, "Gli antipatici", Milano, Rizzoli, 2010, p.7
- Christopher "Chris" Lynn Hedges è un giornalista, scrittore, insegnante universitario di giornalismo ed ex corrispondente di guerra statunitense, specializzato in politica e società del Medio Oriente ed esperienza in oltre 50 Paesi del mondo. Ha lavorato, tra gli altri, per la National Public Radio (NPR), The Nation e New York Times, con cui nel 2002 vince il Premio Pulitzer per il giornalismo esplicativo. È considerato una delle più importanti "voci morali" del giornalismo statunitense
- "Il lettore deve sapere chi sei: io spero che il mio lettore sappia che non ha in me un giornalista anglosassone che misura le parole, arrotonda gli angoli[…]In me ha orecchi, occhi, naso che tentano di recepire quel che c'è con grande soggettività, perché trovo che l'unico filtro vero è il tuo io, genuino. Io prometto al mio lettore che non appartengo a nessun partito, che non ho fede preconcetta, che non sono membro di nessuna massoneria ideologica o politica le cui regole io debbo rispettare e che mi controlla la mano quando scrivo. No, sono così e vado, e poi te lo racconto. Mi sbaglio? Certo!" (Tiziano Terzani, da un'intervista con Leandro Manfrini per "Cartabianca", trasmissione della Radiotelevisione svizzera in lingua italiana, 1987)
- Ethan Zuckerman è professore associato di Politiche pubbliche, informazione e comunicazione all’Università del Massachussetts ad Amberts, cofondatore di Global Voices e fino al 2020, quando il centro viene chiuso, direttore del Mit Centerr for Civic Media
- "È in corso una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo": così dichiara nel 2006 a Ben Stein del New York Times Warren Buffett, imprenditore ed economista statunitense considerato – prove alla mano – uno degli uomini più potenti del mondo [In Class Warfare, Guess Which Class Is Winning]
- Il termine, derivante da una più ampia sintesi del professor Gennaro Carotenuto, indica soprattutto l’«oligarchia dei media tradizionali» che, prima della massificazione di internet, erano di fatto l’unica fonte di informazione per «i cittadini», che con l’arrivo di internet hanno ottenuto il potere di «impegnarsi, con passione e impegno» nella cura di nuove fonti di informazione che oggi chiamiamo "giornalismo partecipativo". Gennaro Carotenuto è storico e giornalista italiano, professore di Storia contemporanea presso l’Università di Macerata e uno dei punti di riferimento in italiano per l’informazione sull’America Latina. Le brevi citazioni qui riportate sono riprese dal suo libro "Giornalismo partecipativo", Modena, Nuovi Mondi Editore, 2009, p.179. Su Inchiostro Politico, con questo termine, indicheremo l’industria dei grandi media impegnati in processi di disinformazione e propaganda antidemocratica
- Lydia Cacho Ribeiro è giornalista, scrittrice e attivista messicana, specializzata nei diritti delle donne e dell’infanzia. Nel 2005 accusa due imprenditori attivi in Messico – Jean Sukkar Kuri e Kamel Nacif Borge – di essere coinvolti in un giro di pornografia infantile e prostituzione minorile. Per questo nel 2005 viene sequestrata illegalmente e picchiata dalla polizia messicana, mentre i due imprenditori vengono intercettati mentre si accordano proprio per il sequestro e i maltrattamenti contro Cacho. Dall’intera esperienza derivano i libri "Los Demonios del Eden", con al centro l’inchiesta e "Memorias de una infamia", che racconta il sequestro e le violenze. Entrambi i libri sono tradotti in italiano ("I demoni dell’Eden" e "Memorie di un'infamia" i titoli, editi da Fandango libri nel 2014 e 2013)
- Con questo termine (anche "gruppo di interesse" o, in senso per lo più dispregiativo, "lobby"), si identifica un gruppo organizzato di aziende, persone e/o comunità che si attivano per influenzare il decisore pubblico (parlamenti e loro commissioni, governi, enti decisori regionali o europei, enti e commissioni di controllo) per favorire una istanza - un interesse, appunto - rappresentata proprio da quel gruppo. Le aziende più grandi, come le multinazionali, o i gruppi della società civile più importanti come le ong possono avere la forza di presentarsi come gruppo di interesse senza legarsi ad altre aziende, gruppi od ong. Pur raccontato spesso nella sua sola parte negativa, questo processo è uno dei pilastri di qualunque società democratica che voglia definirsi tale.
- Il termine, coniato da Eyal Weizman, definisce il modo in cui il governo di Israele utilizza la modellazione dello spazio urbano per perpetrare l’occupazione dei territori della Palestina
- Jaron Lanier, "Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social", Milano, Il Saggiatore, 2018. Lanier è informatico, saggista e compositore statunitense
- Audre Lorde (1934-1992) è sttata poeta, educatrice e scrittrice statunitense, voce fondamentale del movimento femminista nero, postcoloniale e intersezionale
- Errico Malatesta, "Il programma anarchico", 1919
- Insieme al passamontagna nero e allo specchio, l’aeroplanino di carta è uno dei simboli dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, attivo dal 1983 in Chiapas, Messico. L'"aviazione" dell'Ezln, di chiaro stampo nonviolento e spesso veicolo di messaggi e lettere per nemico sotto attacco, viene impiegata per la prima volta in una operazione militare del 2000, ma diventa nota soprattutto per il suo impiego – circa 10.000 unità secondo le cronache dell'epoca – durante il G8 di Genova del luglio 001
- "Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto". Mauro Rostagno (1942-1988) è stato sociologo, militante politico e giornalista ucciso da cosa nostra a Lenzi di Valderice, nel trapanese, il 26 settembre 1988 mentre indaga su un traffico d armi lungo la rotta Italia-Somalia
- Tiziano Terzani, da un colloquio con il figlio Folco, riportato in "La fine è il mio inizio", Miilano, Longanesi, ed. 2006, pp.312-313
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